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Tra segnalazione e abuso sessuale, l’esperienza di collaborazione dei Servizi Sanitari con la Polizia Giudiziaria.

Riassunto

L’esperienza riportata di seguito descrive il lavoro svolto dalla psicologa del servizio di Neuropsichiatria Infantile di un distretto della provincia di Reggio Emilia in collaborazione con la Squadra Mobile della Questura di Reggio Emilia.
La collaborazione con la Polizia Giudiziaria, sezione Reati contro la Persona, ha avuto inizio nel giugno 2001, in seguito alla convocazione del Pubblico Ministero, per assistere all’audizione protetta di due minori, segnalati dai Servizi Sociali, sui quali gravava il sospetto di aver subito abuso sessuale.
Successivamente a questa prima esperienza, dietro richiesta del P.M., sono state svolte diverse perizie psicologiche sui minori, sempre in collaborazione con la P.G. dando vita così ad una nuova “Squadra Operativa”.
In questa relazione si è voluto sottolineare come l’intreccio fra competenze di tecniche d’indagine intersecate con le competernze psicologiche-cliniche di un esperto, abbiano permesso di accertare la credibilità delle denunce, di restituire al P.M. informazioni utili e documentate anche clinicamente, affinchè potesse decidere o per l’archiviazione del caso oppure per nil rinvio a giudizio dell’indagato.
Generalmente, la segnalazione di sospetto abuso sessuale o di maltrattamento fisico sui minori agli organi di Polizia competenti può essere fatta sia direttamente da un denunciante (es. una mamma che sospetta che il proprio figlio/a sia oggetto di particolari attenzioni da parte del proprio marito o altre figure parentali) oppure, il P.G. può essere chiamato a svolgere il lavoro d’indagine preliminare dal P.M  della Procura del Tribunale Ordinario, alla quale, la segnalazione di sospetto abuso, è pervenuta attraverso i Servizi. La novità di questa esperienza consiste in questo intreccio fra competenze di tecniche di indagine che si intersecano fin dalle prime battute, con le competenze psicologiche-cliniche di un operatore esperto della comunicazione e della psicologia dell’età evolutiva. Le competenze di tale esperto, pur non togliendo nulla alle competenze e capacità professionali degli operatori del P.G., dovrebbe garantire di accertare la credibilità della denuncia di abuso sessuale, di conseguenza raccogliere le maggiori informazioni possibili e correttamente attendibili da restituire al P.M. affinché possa decidere, su elementi più possibile certi, se procedere con un rinvio a giudizio dell’indagato oppure     . archiviare il caso.
Come noto, le funzioni del P.G. sono quelle di accertare e ricercare i reati commessi, prendere notizia dei reati, impedire la prosecuzione dei reati, assicurare le prove e svolgere attività di indagine su delega del P.M (o di iniziativa).
Tra le funzioni del P.M ricordiamo quella di dirigere le indagini, esercitare azione penale, sostenere l’accusa, richiedere al GIP provvedimenti vari e/o l’adozione di riti speciali.
Come si inserisce dunque tra queste istituzioni la figura dell’esperto in materia di psicologia dell’età evolutiva? Dato che non sempre pervengono alla Procura segnalazioni circostanziate, il P.G. ha necessità di poter usufruire in prima battuta di un esperto del campo della psicologia evolutiva, in grado di dare una lettura dinamica sia del contesto familiare e/o istituzionale (es. la scuola, i centri di ritrovo per giovani ecc.) in cui si sospetta che sia accaduto il “fatto”, oltre a metter in quadro le informazioni  relative allo sviluppo emotivo, relazionale e cognitivo per valutare se il bambino o l’adolescente è in grado o meno di riferire fatti ed esperienze vissute.
La valutazione che lo psicologo fa dovrebbe vertere anche sugli aspetti della denuncia: il linguaggio usato, la sua completezza, spontaneità e presenza di dettagli incongruenti con le conoscenze sessuali compatibili con l’età.
Inoltre, l’esperto, dovrebbe esplorare le eventuali motivazioni che potrebbero spingere l’adulto denunciante a sporgere denuncia, o valutare se i fatti che denuncia siano più o meno consoni:
a)    un principio di realtà,
b)    se può esserci stato un fraintendimento nell’utilizzo di parole e/o comortamenti del bambino,
c)    se è motivato da rancori tali verso chi denuncia, da “utilizzare” il bambino come totem di guerra contro  la persona che sta denunciando.
Infine, l’esperto, dovrebbe confrontare i fatti denuncianti con il quadro globale, di personalità inserendoli con attuali conoscenze dell’abuso specialmente in riferimento a quei comportamenti sintomatici e alle emozioni e sentimenti che costituiscono gli indicatori di una avvenuta esperienza sessuale traumatica.
Sempre in questa fase d’indagine il personale del P.G. e l’esperto in psicologia infantile ascoltano e raccolgono informazioni da tutte quelle persone che si ritengono importanti per avere un quadro più completo della situazione del minore sospettato di aver subito abuso: insegnanti, baby-sitter operatori dei S. Sociali, pediatra, ecc.
Una procedura seguita da noi, psicologa e PG, è la cosiddetta STEP-WISE-INTERVIEW. Questa procedura combina la conoscenza aggiornata in psicologia dell’età evolutiva con le tecniche di memoria che possono aiutare ilminore a ricordare e riferire gli eventi collegati ad un episodio di abuso sessuale.  Il suo scopo è:                                            
ridurre al minimo le audizioni. ridurre al minimo il trauma dell’investigazione per il bambino minimizzare il rischio di contaminazione che l’interrogatorio può avere sulla memoria che il bambino ha dell’evento massimizzare la quantità di corrette informazioni ottenibili dal bambino garantire e poter dimostrare l’integrità e la correttezza del processo investigativo.

Per ottenere questo risultato, chi conduce l’esame deve poter sapere, in partenza, quante e quali informazioni ci si può aspettare da un dato bambino.
Per arrivare e questo risultato, prima di procedere all’esame vero e proprio, si chiede al bambino di descrivere due eventi del passato (es. una festa di compleanno, una gita cui ha partecipato,..). Il ricordo che il bambino avrà degli eventi sarà utile all’esperto per farsi un’idea della qualità e quantità di capacità mnestica  e rievocativa generale del bambino, ed è su questa che “misurerà” i dati ottenuti dall’esame vero e proprio. Oltre a questo, che riguarda in specifico  il lavoro dell’esperto, può aiutare la squadra (PG ed esperto) a creare un contatto con il bambino più sano e protettivo per i suoi stati emotivi poiché altra e primaria regola da seguire nell’intervista è quella di riuscire a creare un buon rapporto con il minore. Altro punto importante è riuscire a capire se il bambino riesce a discriminare tra realtà e fantasia.
Qui di solito ci fermiamo poiché il procedere riporterebbe a sconfinare in una vera e propria consulenza tecnica che come sappiamo è un incarico che conferisce il PM.
Tale procedura, insieme a C.B.C.A (Analisi del Contenuto Basato sui Criteri), si utilizza soprattutto con gruppi di ragazzini che sono stati coinvolti in casi di molestie sessuali.
Strumenti utilizzati per misurare il livello della credibilità della testimonianza in genere.
Si utilizzano in specifico due tecniche semi-strutturate:
  • analisi del Contenuto Basato sui Criteri 
  • giudizi di validità delle dichiarazioni
    Il primo si riferisce all’analisi qualitativa del contenuto di una data dichiarazione effettuata in conformità a una serie di criteri stabiliti.
    Il secondo si avvale di un’ulteriore serie di indicatori, provenienti anche da fonti diverse dalla dichiarazione, che l’esperto utilizza per il suo giudizio finale sulla credibilità o meno, non solo del contenuto della testimonianza, ma anche peravere un quadro completo, o meglio una cornice, su cui inserire come in un puzzle i vari pezzi. In una certa misura le stesse tecniche sono utilizzate anche con gli adulti che sporgono denuncia e/o con la persona chiamata dal PG a comunicare informazioni o sulla situazione famigliare del minore o a parlare del bambino “dentro” alla classe in cui è inserito (relazioni con gli adulti, con i compagni, se c’è stato o no un calo negli apprendimenti, se è un bambino che tende ad isolarsi, ecc..), oppure, se è il medico del bimbo, si cerca di capire se si sono mai notate anomalie del comportamento, segni “particolari”, ecc.
    È importante sottolineare a questo punto la differenza tra il personale del PG e l’esperto, e come nella differenza si crea quel particolare intreccio che permette di rendere il più chiaramente possibile la collocazione della denuncia.
    Il personale del PG ha il compito di individuare e assicurare le prove di un reato.
    Lo psicologo non ha e mai dovrebbe avere tale funzione, ma offre le sue competenze per comprendere in quale contesto una denuncia sia maturata, se ci sono elementi che rendono   credibili alcune dichiarazioni riportate da un bambino oppure se si possono essere create incomprensioni tra adulti e bambini dovute ad errate interpretazioni da parte dell’adulto.
    Sappiamo che le difficoltà di tipo puramente linguistico o la scarsa conoscenza di tipiche manifestazioni evolutive presenti nel bambino (es. masturbazione, preoccupazione o interessamento per i propri genitali); oppure le paure sessuali e le distorsioni dell’esperienza fisica e sessuale tipiche di alcune forme di difficoltà emozionali e psicologiche dell’adulto, possono portare alla base di falsi sospetti.
    Le false dichiarazioni presentano caratteristiche cliniche facilmente riconoscibili quali:
    • assenza di dettagli                                       
    • uso di linguaggio adulto inappropriato                            
    • mancanza d’autenticità nelle espressioni delle emozioni o del contenuto       
    • assenza di elementi che segnalino coercizione o minacci da parte del perpetratore   
    • dichiarazioni contraddittorie e ripetitive.
    Nel nostro lavoro di “intreccio” cerchiamo di prestare attenzione a queste aree di errore, che potrebbero comunque determinare testimonianze convincenti anche nelle situazioni in cui l’abuso è infondato.
    Essendo questa una nuova modalità lavorativa sia per la psicologa che per la Polizia Giudiziaria e non potendo seguire un modello predefinito, inevitabilmente si sono creati dei problemi di percorso.
    Innanzitutto si sono presentati disagi legati al luogo di lavoro. La questura notoriamente non è un posto adeguatamente attrezzato e confortevole soprattuttose si devono ascoltare dei bambini.
    Secondariamente, e non in ordine di importanza, il tempo e il personale. Purtroppo la Squadra Mobile cui si fa riferimento è costituita da soli tre elementi e, inevitabilmente, la scarsità di personale e il numero ingente di reati commessi contro le persone hanno fatto sì che si creassero priorità diverse e che il tempo a disposizione per questo tipo di reati fosse relativamente poco. È necessario infatti diverso tempo per poter riesaminare, magari insieme, tutto il materiale raccolto, compresa la rilettura e il riascolto, se sono stati usati, delle videoregistrazioni e delle audiocassette.
    Poter fare questo permetterebbe anche di affinare le competenze e specializzarsi sempre meglio per poter offrire anche all’esterno un’identità professionale più forte. Non avendo una identità specifica risulta anche difficile creare protocolli di azione che permettono di coordinare con i vari attori che dovrebbero interagire tra loro a protezione del minore (T.M., T.O., Servizi Sociali, ecc).
    Viene a mancare per lo stesso motivo e/o motivi elencati, un luogo dove le stesse persone che hanno prodotto tutta questa prima e lunga fase d’intervento, possano dare o “restituire” le informazioni a chi si occuperà del “dopo”.
    Per quanto riguarda i risultati ottenuti, dall’inizio di questa particolare e fruttuosa collaborazione, contiamo all’attivo 4 casi di abuso sessuale con conseguente procedura penale, 2 casi di false denuncie svelate, 3 casi di maltrattamento fisico e7o psicologico con conseguente allontanamento dei minori, 2 casi di molestie sessuali, 1 caso di molestia sessuale a rilevanza inter-regionale, diversi casi di ascolto protetto di minori in situazioni di difficoltà.
    Non bisogna infine dimenticare i vantaggi ottenuti da questo tipo di metodologia lavorativa ovvero la riduzione dei tempi di indagine conoscitiva e diagnostici. Per gli operatori clinici la positività di questa esperienza sta nel chiarimento delle procedure da attuare e i punti salienti da inserire in una relazione di segnalazione di sospetto abuso o di una perizia tecnica da inviare al Tribunale Ordinario per fare in modo che questa stessa relazione sia maggiormente funzionale alle esigenze del P.M. rispetto alle procedure giudiziarie da attuare in merito ai singoli casi.
    Per quanto riguarda il personale della questura, sicuramente questa collaborazione ha permesso loro di acquisire maggiori strumenti conoscitivi rispetto all’età evolutiva.
    Come abbiamo visto, l’intervento su un caso d’ abuso chiama in causa i soggetti più diversi che dovrebbero, per la tutela del bambino, procedere in perfetta sintonia con tutti gli altri.
    I Servizi Sociali, la N.P.I, la Psicologia Clinica, dovrebbero essere in grado di saper leggere i casi di abuso, mentre ancora spesso accade di confondere una famiglia incestuosa con una maltrattante o ancora come una famiglia problematica. (Ancora spesso c’è anche timore a segnalare per tutta una serie di motivazioni che non elencheremo in questa sede)                                                                                   
    COSA E’ MANCATO NELLA NOSTRA ESPERIENZA?
    Un accordo tra T.M e T.O e Servizi coinvolti. Tale mancanza porta spesso a una incoerenza degli interventi che può invalidare tutto il lavoro, provocare la squalifica reciproca, delineando uno scenario caratterizzato dall’insensatezza, dalla confusione e dalla paradossalità nelle quali le vittime possono perdersi, rendendo sempre più difficoltosa e lontana la possibilità di riparare il TRAUMA DELL’ABUSO.
    Nella nostra realtà manca una sezione specializzata della Polizia Giudiziaria in reati in danno di minori, che potrebbe anche fare da ponte tra Servizi, Giudice minorile e Pubblico Ministero, e con l’ausilio di esperti ASL (psicologo, N.P.I, medico legale, ginecologo, pediatra), inquadrare e gestire al meglio la parte più legata alla rivelazione, al penale e al civile, e nello stesso tempo informare i servizi coinvolti sulle varie fasi del percorso che sta avendo il caso.                                                   

    BIBLIOGRAFIA                                                               
    D. Dèttore, C. Fuligni (1999). L’abuso sessuale sui minori. Valutazione e terapia delle vittime e dei responsabili. Milano, McGraw-Hill Libri Italia s.r.l.   C.

    Roccia (a cura di. 2001). Riconoscere e ascoltare il trauma. Maltrattamento e abuso sessuale sui minori: prevenzione e terapia. Milano, FrancoAngeli.

    F. Montecchi (a cura di. 1998). I maltrattamenti e gli abusi sui bambini. Prevenzione e individuazione precoce. Milano FrancoAngeli.                                                           
    M. Malacrea e A.Vassalli.(a cura di 1990)  Segreti di famiglia.Raffaello  Cortina.

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