Analytcs

A mio marito a nostro figlio e a me stessa


Willi Cattabiani
Ok sono tornata, un pò malconcia ma con il desiderio di esserci. Ho attraversato mesi difficili conclusisi con un lutto importante: la morte di mio marito, il compagno di una vita, l'Amore.Venticinque anni insieme e ancora tanti progetti da realizzare. Ho deciso di tornare nel mondo e di tornare a incontrarvi, cari lettori. Un regalo che faccio a me stessa e a lui che amava la vita e che avrebbe voluto che non interrompessi il legame con le persone che mi leggono e, che spero, abbiano e possano trovare attraverso i miei scritti suggerimenti per una vita migliore.
Questa volta non scriverò un vero e proprio articolo ma voglio regalarvi e mi voglio regalare le parole di una persona saggia che dal nulla ma con il suo credere nelle persone e amarle riuscì a far costruire scuole, orfanatrofi e ospedali e case ai senzatetto e la sua organizzazione rifornisce più di 50.000 pasti tutti i giorni agli affamati. il suo nome è Amma, ovvero Madre. Queste le sue parole: " la vita è una partita a carte. Le carte vengono distribuite da un mazziere a cui possiamo dare vari nomi: Dio, destino, karma, caso.... A volte riceviamo carte bellissime con cui è facile giocare, avolte invece ci ritroviamo in mano carte decisamente più scadenti. In ogni caso non abbiamo nessuna influenza sulla scelta delle carte. Ciò su cui abbiamo totale padronanza, invece, è la maniera in cui decidiamo di giocarle. E' questa la differenza nella nostra vita e nel mondo"
Quello che Amma ci dice è che noi dobbiamo essere RE-sponsabili delle nostre scelte, dobbiamo riappropiarci dell'abilità di rispondere agli eventi attraverso accettando le "carte " che la vita ci ha dato da giocare ma scoprendo e usando la nostra Abilità al cambiamento e ai cambiamenti che la vita continuamente ci elargisce.
Con affetto.
Dott.ssa Anna Pace

Il gioco d’azzardo (2 parte)


Chi sono i soggetti maggiormente a rischio? Esistono categorie di persone più vulnerabili alla dipendenza da gioco?
Le ricerche effettuate  confermano che non esiste un identikit del giocatore d’azzardo per il semplice fatto che il fattore a rischio più grosso è la facilità con cui si può entrare in contatto con il gioco, senza alcuna barriera d’accesso.
Unica distinzione è quella tra giocatori sociali e giocatori patologici: i primi guardano al gioco d’azzardo come una attività di divertimento, in cui investire deliberatamente parte del proprio denaro e per alcuni questo divertimento si trasforma in dipendenza.
I giocatori compulsivi sono quegli individui che si trovano cronicamente e progressivamente incapaci di resistere all’impulso di giocare, non presentano caratteristiche particolari legate all’età, o alla classe sociale, ma io credo che la maggior parte di coloro che cadono nella dipendenza da gioco o in qualsiasi altra forma di dipendenza, siano persone attraversate dal male di vivere. Così mi confidò una persona affetta dalla dipendenza da gioco “….mi porta ad essere diverso da quello che vorrei essere …come se fossi alla fine un essere diviso in due …non capisco più nulla, mi parte la vena e divento compulsivo …mi riempio di adrenalina e devo scaricarla ….entro in un’altra dimensione ….non esiste più la realtà ma ne esiste una parallela che non ha le stesse leggi.  Vincere diventa una maniera per dimostrare a noi stessi che abbiamo ancora il controllo sulla nostra vita, il potere di dirigere le sorti della nostra vita.Il gioco risveglia il nostro desiderio di onnipotenza, che di solito deve fare i conti con una quantità di fattori incontrollabili. E come se giocando ci liberassimo dagli ingranaggi di una vita che non ci appassiona  più, è come trasferirci in un altro mondo dove la vita appare più felice. Il gioco si presenta come una pausa, una interruzione, un alleggerimento del peso dell’esistenza.”Queste sono alcune affermazioni da me raccolte ascoltando alcune persone affette dalla malattia del gioco e che mi portano ad ipotizzare che alla base ci sia una insoddisfazione esistenziale che il gioco riesce a “coprire” per poi diventare un’arma potente con cui confermare che tutto non ha senso ed è quindi meglio lasciarsi andare a volte fino alla morte.
A presto.
Dott.ssa Anna Pace

Il gioco d’azzardo /1

Il gioco d’azzardo è considerato come una vera e propria malattia, una "dipendenza senza droga", così viene definito dagli esperti, ma io non la definerei "senza droga" perché la droga è presente ovunque in forma di scommesse, di gratta e vinci, di lotto e superenalotto, videogiochi e quanto altro... Una droga accessibile a tutti che lo Stato elargisce a pieni mani. Pochi sono i centri specializzati per la cura da dipendenza da gioco e poche sono le informazioni in possesso. Lo Stato non ha interesse a dare informazioni o a creare Centri in ogni città di italia perché è il primo a guadagnarci  ed è anche il primo spacciatore.Molte persone raccontano le emozioni che accompagnano l’impulso a giocare in termini di una dimensione "altra", una dimensione di sogni e speranze che non ha niente a che fare con la realtà, ma che non interessa perché spesso la realtà non è quella che desideri vivere, perché noiosa, per la maggior parte del tempo prevedibile e quello che non lo è la maggior parte delle volte è legata a perdite, malattie, vecchiaia… e allora vorresti vivere qualcosa di magico e speciale che allontani le brutture della vita. Poi c’è sempre qualcuno che ce la fa a raggiungere la vincita e se c’è riuscito lui/lei ti chiedi perché non potrebbe capitare anche a te. E allora si continua a giocare e più si gioca e più ti carichi di adrenalina e se questa situazione si protrae nel tempo e negli anni sono convinta che possa portare a uno squilibrio neurofisiologico tale che alla fine è il nostro cervello a richiedere la sua dose quotidiana di eccitazione. E questo accade soprattutto quando la propria giornata è stata più "demoralizzante e stressante" di altre, allora si va a cercare la scorciatoia al malessere che ci attanaglia. (continua)

 Dott.ssa Anna Pace

La vocalità nell'abuso.

Questo lavoro nasce da alcune semplici intuizioni che hanno avuto modo di concretizzarsi in un percorso di verifica sul campo, restituendo a D. una reale possibilità all’interno di una catastrofe emotiva, insieme al desiderio di farle raggiungere una consonanza attraverso un percorso tempestato di dissonanze.
Siamo consapevoli che, essendo questo un approccio innovativo nel campo della cura di bambini vittime di abusi, possa non esaurirsi nella proposta di un singolo caso, ma auspichiamo tuttavia che possa essere da stimolo per tutti coloro che non temono di confrontarsi con le nuove possibilità cliniche di cura per la persona che ha subito una profonda violazione sia a livello fisico che psicologico.
“...credo di poter dire che siamo riuscite, attraverso questo nostro lavoro, a dare a D. una realtà di possibilità all’interno di una catastrofe emotiva e di farle raggiungere una consonanza emotiva attraverso un percorso tempestato di dissonanze.

Per acquisto e informazioni scrivere a:
Email: dr.annapace@gmail.com

Dettagli del libro

  • Titolo: La vocalità nell'abuso. Dallo svelamento all'armonizzazione del sé
  • Autori: Anna PaceMonica Maccaferri
  • Editore: Rugginenti
  • Data di Pubblicazione: 2011
  • Pagine: 114
  • Formato: brossura
  • Prezzo: €. 22

COSA RENDE I BAMBINI PAUROSI

“A volte noi adulti non ci rendiamo conto dell’enorme lavoro che il bambino sta facendo, cercando di ordinare la realtà, di darle dei significati. Lui parte da un caos assoluto di percezioni sensoriali e gli occorre tempo per distinguerle e decodificarle, poi per imparare i nessi di causa ed effetto, poi ancora per scoprire attivamente. Per gli adulti questo è scontato, ma l’universo non si è presentato ai nostri occhi bello e fatto, tutto ordinato, siamo noi che gli abbiamo dato un senso, peraltro opinabile, ma necessario per cominciare a muoverci in un senso.
Un bambino ha tutta la vita per imparare che non esistono i buoni solo i buoni, né i cattivi solo i cattivi, che il mondo è fatto di ben altre sfumature.
Questa relatività non è adatta alla mente del bambino nelle prime fasi dello sviluppo.
All’inizio c’è bisogno di elementi semplici per cominciare ad esplorare le combinazioni ed è meglio che le cose siano stabili e ben definite….”

( P. Santagostino, 1997)
Non a caso, fra le tante che potevo scegliere, ho voluto iniziare a parlare delle ansie e angosce dei bambini attraverso le parole dello psicoanalista Santagostino, poiché ci ricorda quanto sia difficile per un bambino che non ha strumenti cognitivi e una base sicura da cui partire essere preda di paure, perché la paura che si trasforma in ansia o nel senso di angoscia paralizzante nasce soprattutto dalla non conoscenza di ciò che ci circonda e dal non aver introiettato dentro figure di riferimento contenitive e rassicuranti, ma su questo aspetto torneremo a parlarne in un capitolo specifico.
Ma intanto che cos’è la paura?
La paura è innanzitutto un sentimento, come la rabbia, la gioia, il dolore e il piacere.
Quindi fa parte integrante della nostra vita e non esiste persona che non abbia qualche genere di paura perché se la paura non esistesse noi moriremmo.
Infatti la paura è importante perché ci aiuta a rispondere nelle varie circostanze, cosicché possiamo prepararci ad agire rapidamente in situazioni di pericolo.
La paura è la risposta emotivo-comportamentale che un individuo mette in atto in presenza di una minaccia o di un pericolo ben riconoscibile.
Anche la paura è una sensazione molto legata all’ansia, ma che nasce come risposta normale ad un pericolo reale, ben identificato. Essa è un campanello d’allarme interno che ci segnala la presenza di un pericolo o di una minaccia che ci arriva dall’esterno.
Avere un po’ di paura è quindi, del tutto normale e necessario, soprattutto per i bambini, poiché li aiuta a rispondere in maniera adeguata ai vari pericoli che possono incontrare nella vita di tutti i giorni. Essa ci insegna a riconoscere le situazioni pericolose e ad affrontare l’ignoto con prudenza e ci fa reagire con la fuga di fronte ad un eventuale pericolo.
Il mondo infantile è animato da mille paure sia reali che paure irrazionali.
Le paure reali sono quelle che si provano rispetto ad una realtà esterna, quelle legate ad esperienze reali che il bambino vive e sperimenta, come ad esempio l’intensa paura che un bambino può provare quando si fa male o la paura dei rumori forti e improvvisi per i neonati, la paura del fuoco se ci si è scottati, per l’ape che ci ha punto o il cane che ci ha morso.
Le paure irrazionali sono invece quelle che vivono dentro di noi e sono scatenate da stimoli interni, dai nostri pensieri e fantasia.
Sia le paure reali che quelle irrazionali possono in alcuni casi amplificarsi e distorcersi, dando avvio a paure problematiche, ad ansie post-traumatiche o a fobie, che danneggiano il rapporto con gli altri e la realtà e minano la fiducia del bambino in se stesso.
Ma durante la crescita, i condizionamenti, la fantasia e l’immaginazione assumono un ruolo sempre più importante nello sviluppo e nel mantenimento delle paure infantili, soprattutto a causa di una più complessa strutturazione del pensiero del bambino e quindi di una maggiore capacità di anticipare conseguenze future: ad es.un bambino di 10 anni con uno sviluppo cognitivo-emozionale adeguato sa che Batman è un personaggio non reale e che quindi non può essere che nella realtà degli umani si possa arrampicarsi sui muri o volare da un grattacielo ad un altro senza correre il rischio di spiaccicarsi in strada, mentre Claudia, una bambina di 20 mesi con discrete capacità motorie, si identificò a tal punto con il personaggio che riuscì ad arrampicarsi sul tavolo e a tentare il “volo alla Batman” fortunatamente senza danni gravi alla sua persona!
Questo esempio ci porta a capire quanto sia importante per noi psicologi infantili, quando un genitore si rivolge a noi per un consulto su come affrontare le paure del proprio figlio, avere ben chiaro se si ha a che fare con paure normali legate alle diverse  fasi di sviluppo di un bambino oppure di sintomi ansiosi o di veri e propri attacchi di panico.
Le paure dei bambini spaventano spesso anche i genitori ma sono un normale momento di crescita, conoscerle  dà la possibilità ai genitori di aiutare il figlio a superarle.
Il bambino quando cresce tende ad abbandonare alcune paure ma ne compaiono altre di significato ed intensità diverse e che riflettono il suo processo di sviluppo cognitivo ed emotivo, in altre parole, il bambino crescendo tende ad abbandonare alcune paure e la stessa assume nuove connotazioni poiché cambia sia la comprensione del mondo del bambino e la sua capacità di affrontare le minacce.

COSA RENDE I BAMBINI PAUROSI
PRINCIPALI PAURE

  • Età dai 2-4
    Forti rumori, persone, situazioni, oggetti sconosciuti, cadere, distacco daigenitori, movimenti improvvisi, luci abbaglianti, ombre, animali, incubi.
  • Età dai 4-6
    Fantasmi, buio, esseri immaginari, sogni, morte, ladri.
  • Dai 6 in su
    Essere canzonati, sgridati, puniti, criticati, rimproverati o sentirsi umiliati, perdere l’amore o la stima dei genitori, dolore fisico, eventi naturali, rapporti con i coetanei, scuola, esami, sport, nudità (es. doccia, spogliatoi).
Come possiamo vedere le paure attraversano le diverse fasi dello sviluppo infantile. Non c’è nulla di strano nel fatto che un bambino provi paura, quello che deve preoccuparci sono le paure che impediscono al bambino di condurre una vita sana, le così dette paure invalidanti.
Ecco come si presentano:
Il bambino è terrorizzato, si agita anche solo all’idea di dover affrontare  la situazione a rischio; da come la sensazione di sentirsi annientato dal pericolo.
Sono paure arrivate in seguito a traumi: si manifestano sempre e solo in una situazione specifica che il bambino associa a una esperienza negativa (ad esempio un luogo chiuso dopo essere rimasto chiuso di notte in bagno).
Sono invadenti: condizionano la vita del bambino e dei genitori, impedendo alcune attività fondamentali (ad esempio affrontare uno spostamento in macchina dopo che si è rimasti coinvolti in tamponamento).
Queste paure rischiano spesso di rimanere permanenti, non si modificano nel tempo e rimangono intatte nonostante lo sviluppo del bambino, rimanendo vistosamente fuori tempo e fuori luogo e possono portare a sviluppare vere e proprie crisi d’ansia.
Il disturbo d’ansia nel bambino piccolo è spesso manifestato con sintomi quali cefalea, vomito e dolori addominali.
A partire dalla pre adolescenza le crisi assumono atteggiamenti di continua richiesta, manifestazioni di collera e alterazioni comportamentali.
Gli psicologi e i neuropsichiatri infantili prestano molta attenzione a quei bambini e ragazzi che manifestano ansia da separazione, ansia generalizzata, fobie specifiche e disturbi ossessivo compulsavi.
Ho seguito diversi casi dove bambini tra i 5 e 10 anni sentivano il bisogno compulsivo di lavarsi continuamente le mani o di ricorrere a una masturbazione eccessiva e debilitante per poter alleviare i loro stati di ansia.
Il disturbo d’ansia da separazione è più frequente nei bambini più piccoli, il disturbo d’ansia generalizzato nei più grandi, e il disturbo da panico da panico generalmente non si presenta prima della pubertà.
Dott.ssa Anna Pace

Vuoi conoscere la tecnica per allentare le tensioni e a diminuire lo stress


Al ritorno dalle vacanze inizia un nuovo anno di lavoro e di impegni e, oddio sono già stressato/a solo al pensiero, le ferie manco me le ricordo più e non cambia mai niente, anzi aumentano solo le preoccupazioni !!!!! Quanti di noi si sono ritrovati a fare questi pensieri e vi confesso che nemmeno io ne sono stata immune. Oggi vi voglio regalare una tecnica di rilassamento che vi aiuterà se l’adotterete con costanza ad allentare le tensioni e a diminuire lo stress.
La tecnica è conosciuta come rilassamento progressivo dei muscoli.
Questo esercizio, se praticato regolarmente, servirà a ridurre la tensione muscolare e altri sintomi legati allo stress.
La tecnica consiste nel tendere e rilassare progressivamente tutti i muscoli del corpo, mantenendo nel contempo una respirazione lenta.
L’esercizio va praticato almeno una volta al giorno perché sia efficace e se due volte al giorno meglio.
Quando iniziate, stabilite un’ora al giorno  da dedicare a questa tecnica e rispettate il più possibile l’orario per mantenere fede all’impegno.
  • Ttrovate un luogo comodo e tranquillo dove sedere o sdraiarvi, e assicuratevi che nessuno vi disturbi per almeno 20 minuti.
  • Chiudete gli occhi e concentratevi sulla respirazione, mantenendola lenta e regolare. Ripetete mentalmente la parola “rilassati” mentre espirate.
  • Tendete il piede destro, piegando le dita e puntandole verso il basso. Concentratevi sulla tensione. Rilasciate lentamente mentre espirate, ripetendo mentalmente la parola“rilassati”.
  • Adesso tendete il muscolo del polpaccio, tenendolo teso per qualche minuto. Rilasciate lentamente mentre espirate.
  • Continuate  lungo tutto il corpo, lavorando sui muscoli della gamba destra e sinistra, le natiche, la schiena, l’addome, il torace, le spalle, il braccio sinistro, la mano sinistra e le dita, il braccio destro, la mano destra  e le dita, il collo, la mascella, le labbra, gli occhi, la fronte, tendendo e rilasciando i muscoli nello stesso modo descritto sopra.
  • Ascoltatevi per capire se le tensioni si sono sciolte. Se vi sono ancora delle zone  tese, dedicate ancora qualche minuto al rilassamento dei muscoli.
  • Riaprite lentamente gli occhi. Cercate di mantenere la sensazione di rilassamento per il resto della giornata; o, se  è sera, mentre andate a letto e vi preparate a dormire.
Tra breve, per chi lo vorrà e al prezzo di 7,00 euro potete acquistare il CD con la registrazione della mia voce che vi accompagnerà durante questo esercizio di rilassamento muscolare. Allegato troverete anche uno schema di verifica degli esercizi di rilassamento.
A presto 
Dott.ssa Anna Pace

Noi e la nostra immagine dell’io

Questo articolo lo dedico a tutte quelle persone che credono di essere nate sotto una cattiva stella e che non credono più che la loro vita possa cambiare.

Ciascuno di noi porta dentro di sé la propria  storia personale  che contiene in sé, in embrione, le basi di quella che sarà la nostra esistenza futura, a meno che noi non andiamo a modificare in profondità questo schema acquisito.
Da qui ha origine la nostra immagine dell’io, che è l’idea che noi abbiamo di noi stessi. E’ il metro di quello che crediamo di essere e di valere. Tutto questo meccanismo ha origine nelle nostre passate esperienze: successi, fallimenti, umiliazioni, frustrazioni, tipo di educazione, l’ambiente in cui siamo cresciuti, soprattutto nella prima infanzia.   Quindi, come già vi ho scritto molte volte, se quello che abbiamo respirato  o creduto di respirare era aria viziata o monossido di carbonio, ci siamo convinti di essere persone malate e prive dell’energia sufficiente per vivere la nostra vita in maniera dignitosa.: si agisce come ci si sente e come si crede di essere e non si potrebbe fare diversamente, nonostante tutti gli sforzi della volontà razionale e il desiderio cosciente di impedirlo, perché ormai un certo programma è stato instaurato. Allora cosa è necessario fare? Cambiare la nostra auto immagine e fortunatamente, non ci sono limiti di età per variare immagine di sé, purchè lo si voglia davvero.
Maxwell Maltz, fondatore della psicocibernetica così scriveva:
“L’immagine dell’io è la chiave della personalità e del comportamento umano. Cambiate l’immagine dell’io e cambierete la personalità e il comportamento.. Oltre a ciò, l’immagine dell’io stabilisce i limiti dell’individuo, indicando ciò che può e ciò che non può essere fatto. Estendete tale immagine ed estenderete la “zona del possibile”. Lo sviluppo di una giusta e realistica immagine dell’io sembrerà dare all’individuo nuove capacità, un nuovo talento e addirittura cambierà in successo i fallimenti”
Dobbiamo quindi riprogrammare il nostro cervello anche attraverso “simulazioni mentali” immaginando nei minimi particolari come vorremmo essere e  presentarci agli altri..
Questa tecnica di simulazione della realtà, andrà poi a tradursi per un individuo in una esperienza reale e concreta che ci consentirà di imparare e di sviluppare un infinito numero di possibilità umanamente pensabili.
Sempre Maltz spiega che ogni essere vivente ha in sé un principio il quale tende a raggiungere degli scopi, e definisce questo principio “sistema guida”, in pratica, il cervello e il sistema nervoso dell’uomo formano un servomeccanismo tendente a un fine.
Tale meccanismo è in sé, impersonale e automatico, volge a nostro vantaggio o svantaggio a seconda di come viene programmato per funzionare.
Quando il servomeccanismo si indirizza verso il fallimento l’individuo avrà il fallimento e ogni fallimento contribuirà a convalidare la sua predisposizione ai fallimenti.
Dott.ssa Anna Pace